Metodi e tecniche a mediazione corporea – Prima parte

Per introdurre il corpo come tecnica terapeutica è importante fare un’indagine di quella che è la lettura corporea del paziente, capire qual è la sua percezione di essere nel corpo.

L’integrazione corporea è un processo che fonda le sue radici nella storia personale dell’individuo, a partire dall’infanzia attraverso le tappe dell’adolescenza, dei rapporti familiari e dei vissuti relazionali. La memoria corporea dell’individuo espressa nei gesti, nella postura, nei movimenti è memoria della sua storia vissuta.

Aspetti da valutare nel corpo:

L’Energia (1) che passa nel corpo (dov’è in me e nell’altro l’energia vitale?). L’energia può essere percepita come calore, elasticità, tonicità. L’energia si direziona in orizzontalità e verticalità (2). Queste due direzioni possono essere lette come rappresentazione della consapevolezza – orizzontalità (presenza) e della volontà – verticalità (movimento). La verticalità è espressione di volontà, movimento, iniziativa, meta verso, tensione verso. L’orizzontalità ha a che fare con la consapevolezza del qui e ora, con la stabilità e il radicamento. I due principi coesistono in ciascuno e devono essere radicati nel nostro essere. La mancanza del loro radicamento – grounding (3) rende difficoltoso il fluire da una direzione all’altra, fluire che è fondamentale per l’evoluzione personale. È fondamentale non scindere l’analisi di  queste due direzioni dalla tipologia della persona. Osservare l’altro nella stazione eretta, nella posizione seduta o sdraiata permette di avere un’idea di quale principio di direzione gli appartiene principalmente (osservare se la persona si sente a suo agio nell’immobilità o tende a muoversi, percepire l’eventuale disagio o agio emotivo). Nello studio dell’eventuale patologia delle direzioni è fondamentale approfondire la presenza o assenza di radicamento inteso come equilibrio fra le due direzioni (radicamento verticale = andare verso ma con un elemento d’orizzontalità inteso come presenza, nell’orizzontalità non radicata invece si ha la perdita di confini (depressione), è necessaria una componente di verticalità, la volontà di esserci).

I confini (4) rappresentano l’individualità. È importante riconoscere quando i confini non sono stati costruiti o sono stati persi. I confini del nostro corpo rappresentano il nostro essere distinti gli uni dagli altri ma allo stesso tempo attraverso il corpo siamo permeati e permeiamo l’ambiente.

È interessante valutare la differenza fra limite ( confine troppo ristretto, sclerotizzato, non funzionale, elemento di difesa) e confine ( definizione di sé che potenzialmente può modificarsi in funzione delle diverse situazioni e delle diverse relazioni).

Dall’esperienza dei confini nella relazione con l’altro traiamo informazioni sullo sviluppo ed evoluzione dei confini della persona che ci sta di fronte e sulla sua capacità di accettare e gestire uno spostamento o “invasione” dei confini stessi.

Il confine non è solo cutaneo, è anche energetico.

L’holding – contenimento (5) rappresenta la funzione della strutturazione. Questa funzione può essere delegata ad una parte del corpo specifica o alla globalità del corpo. È importante distinguere le parti strutturanti in accezione negativa (resistenza e difesa) e quelle in accezione positiva (riconoscere le parti che strutturano e contengono positivamente).

È importante anche valutare la relazione fra le varie parti del corpo (6).

Il modello teorico-clinico della Psicoterapia Organismica è stato formulato dallo psicologo americano Malcolm Brown.

Brown adotta una concezione multidimensionale del Sé, introducendo quattro polarità psicodinamiche strettamente legate al vissuto corporeo che definisce, con un lessico mutuato dalla psicologia esistenzialista europea e dagli scritti di Lawrence, “centri ontologici dell’Essere” (7): Agape-Eros ed Hara, situati nella metà anteriore del corpo (rispettivamente, superiore ed inferiore), Logos e Spiritual Warrior, che hanno sede nella metà corporea posteriore (rispettivamente, superiore ed inferiore). I quattro centri ontologici possiedono in uguale misura uno statuto metapsicologico (8), in quanto regolatori della dinamica energetica dell’organismo, e psicologico, quali attivatori di significati, immagini archetipiche e modelli di interazione: essi esprimono il tentativo di ancorare nella dimensione “incarnata” della corporeità  fondamenti strutturali del Sé.

Un ulteriore livello corporeo è quello “relazionale”, ossia l’uso del corpo all’interno della relazione (9).

Nelle tecniche a mediazione corporea il corpo è canale di tutti gli altri livelli della persona; bilancia psico-somatica.

Le difese corporee rappresentano il corrispettivo difensivo corporeo delle difese psichiche.

Dopo il lavoro corporeo è possibile che il corpo reagisca con la pesantezza o con sintomatologia dolorosa, questo può essere riconducibile ad una rinnovata presa di coscienza del corpo stesso o alla manifestazione di resistenze o difese.

Lo spettro attraverso il quale ci si muove durante il lavoro corporeo attraversa le sfere delle:

  1. Sensazioni
  2. Emozioni
  3. Immaginazione
  4. Storia personale

 


 

Nel prossimo articolo di approfondimento vedremo come le tecniche a mediazione corporea possono essere suddivise in tre categorie in base al potere d’apertura delle difese e al grado di sicurezza provato dal paziente.

 

 

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